giovedì 31 dicembre 2009


L'idea è del designer spagnolo Oscar Diaz : è un calendario o meglio, sono un foglio di carta e dell’inchiostro che sfruttando le leggi della fisica si trasformano in un suggestivo decoro. E lo fanno giocando con i mesi, a cui sono abbinati colori non casuali: dal blu di dicembre al verde primaverile, fino alle calde tonalità estive.


Il foglio ha sulla superficie una stampa in rilievo dei giorni del mese e l’inchiostro, che viene cambiato di volta in volta, viene lentamente assorbito dalla carta con una velocità calibrata sul giorno solare.

martedì 1 dicembre 2009

akitoka



Rosa Lemos, designer portoghese adottata dall'Italia, produce con l'azienda Bosa ceramiche il piatto da dolce che dà finalmente una risposta alla fatidica domanda: a ki toka?

giovedì 26 novembre 2009



Anni '70: Franco Sargiani e Eija Helander disegnano per Alessi il "Programma 8", un progetto organico e completo di piccoli oggetti casalinghi componibili e modulari basato sullo stesso assunto metodologico dell'architettura dell'international style di quel periodo: la teoria della metaprogettazione a sistema aperto, adatta alla libera composizione di infinite tipologie abitative e formali. Definito da Alessandro Mendini "il più evoluto sistema di casalinghi realizzato in assoluto sul piano internazionale"(Paesaggio casalingo, 1979) questo progetto rappresenta una revisione radicale degli strumenti per il servizio in tavola e in cucina orientata alla massima praticità e flessibilità di utilizzo che all'epoca della sua presentazione fece molto scalpore nel piccolo mondo delle Arts de la table.

Il " Programma 8" è stato ripreso e completato nel 2005 aggiungendo alle funzioni originarie del cuocere e del servire anche quella del conservare. Attorno all'unità prima e fondamentale creata nel 1975, il vassoio in acciaio inossidabile, sono stati sviluppati contenitori in ceramica, dosatori per olio, aceto, sale, pepe, posate da servizio e un tagliere in legno. (Franco Sargiani per Alessi)




mercoledì 18 novembre 2009


Bottega Veneta ha dato vita a un nuovo standard nel mondo del lusso a partire dalla sua fondazione nel 1966 da parte di Michele Taddei e Renzo Zengiaro. Nata dalla tradizione dei maestri pellettieri italiani, Bottega Veneta di recente è emersa come uno dei principali marchi mondiali del lusso. Il motto dell’azienda, “When your own initials are enough”, esprime una filosofia di individualità e fiducia che si applica oggi ad una vasta gamma di prodotti: abbigliamento uomo e donna, gioielleria, arredamento e altro ancora.

Le qualità che definiscono Bottega Veneta restano immutate: artigianalità, design, funzionalità e materiali della massima qualità. Rimane costante anche l’impegno nei confronti dei propri atelier, dove artigiani uniscono l’abilità tradizionale all’innovazione.

La collaborazione fra artigiani e Direttore Creativo è alla base dell’approccio al lusso del marchio.
Nell’estate del 2006, riconoscendo l’importanza del lavoro artigianale e la fragilità di questo stile di vita tradizionale, Bottega Veneta ha aperto una scuola per formare e supportare le future generazioni di artigiani pellettieri.Il più recente capitolo della storia di Bottega Veneta è iniziato nel febbraio 2001, quando l’azienda è stata acquistata dal Gruppo Gucci. Il Direttore Creativo Tomas Maier è approdato in azienda nel giugno dello stesso anno e ha presentato la sua prima collezione Primavera-Estate 2002.

Accoglienza


BRESCIA - A Coccaglio la caccia ai clandestini si fa in nome del Natale. L'amministrazione di destra - sindaco e tre assessori leghisti, altri tre Pdl - ha inaugurato nel piccolo comune bresciano l'operazione "White Christmas", come il titolo della canzone di Bing Crosby, usato per ripulire la cittadina dagli extracomunitari. Un nome scelto proprio perché l'operazione scade il 25 dicembre. E perché, spiega l'ideatore dell'operazione, l'assessore leghista alla Sicurezza Claudio Abiendi "per me il Natale non è la festa dell'accoglienza, ma della tradizione cristiana, della nostra identità".
....Ne siamo proprio sicuri???

martedì 17 novembre 2009

maxxi



Nicolai Ouroussoff della Architecture Review del New York Times cita Gian Lorenzo Bernini e prima ancora papa Urbano VIII che, scommette, rimarrebbe estasiato di fronte al Maxxi, il nuovo museo di arte contemporanea... Uno dei principali patrocinatori culturali nella storia di Roma sapeva che le grandi città non possono restare immobilizzate nel tempo». Per questo, scrive, lasciò tutto lo spazio al grande Bernini al punto da far fondere i bronzi del Pantheon per realizzare il baldacchino di San Pietro.

Però: il Maxxi come un capolavoro barocco e Zaha Hadid come Bernini. Il neonato Museo nazionale delle arti del XXI secolo (150 milioni di euro di costo, aprirà a primavera con tre mostre su Gino de Dominicis, Luigi Moretti e Studio azzurro) non è ancora aperto ma già stupisce e scatena passioni polemiche. Roma, dopo il ventennio fascista e la ventata razionalista, è poco abituata all'architettura contemporanea.

L'Auditorium di Renzo Piano e la discussa teca per l'Ara Pacis di Richard Meier fanno eccezione. La Nuvola di Massimiliano Fuksas è in costruzione all'Eur. Ma ora la novità è il megacontenitore di Zaha Hadid, nel cuore del quartiere Flaminio. La parola a chi lo ha già visto e analizzato. Achille Bonito Oliva curerà la mostra su de Dominicis: «È una scultura architettonica, una grande forma percorribile e tridimensionale caratterizzata dal temperamento di Zaha che tende ad assicurare autonomia al suo intervento. La funzionalità dello spazio? Si raggiungerà confrontandosi direttamente con i contenuti».

E qui siamo al vero punto critico. C'è chi sostiene che l'indiscutibile imponenza del Maxxi sia «in sé» un'opera che potrebbe soffocare il contenuto, cioè quell'arte contemporanea che in Italia attendeva da anni il suo museo nazionale. Bonito Oliva: «Prima, col movimento moderno, il contenitore rispondeva alla funzione. Ora col postmoderno occorre una conciliazione tra le diverse istanze...».

Concorda Franco Purini, ordinario di Progettazione architettonica alla facoltà di Architettura «Valle Giulia» de La Sapienza: «La mia opinione è ampiamente positiva. All'inizio avevo qualche perplessità per il carattere effimero di un'architettura immaginata come 'opera fluida'. Invece, col cantiere e la conduzione del progetto, ha acquistato solidità e miracolosamente si è ambientata nel contesto. Il paragone col barocco non è così campato in aria. Da cittadino romano sono soddisfatto ». Ma inevitabilmente non tutti sono sulla lunghezza d'onda di Bonito Oliva, Purini e del critico del New York Times .

L'architetto Firouz Galdo (suo il restauro della sede romana della galleria di arte contemporanea Gagosian, in pieno centro, un piccolo contenitore ma più che neutro) divide il giudizio: «Sull'oggetto architettonico in sé nulla da dire, tanto di cappello. Detesto chi polemizza sui grandi oggetti architettonici contemporanei, fanno bene all'architettura e al dibattito. Ma sul Maxxi mi chiedo: gli artisti che esporranno avranno sufficiente libertà, in un contenitore così 'protagonista'? Lì l'opera c'è già, è il museo... forse, in questo caso, un piccolo passo indietro da parte dell'autore rispetto alle necessità della funzione, non ci sarebbe stato male».

Chiedere un giudizio a un architetto su un altro architetto, indubbiamente, è come sollecitare il parere di un cuoco sulla pietanza di un collega. Ma stavolta Paolo Portoghesi, architetto e urbanista, non delude: «Come sempre l'Italia è in ritardo. Già ai tempi del Guggenheim di Bilbao di Frank Gehry si capì che è sbagliato investire tutti i soldi sull'oggetto architettonico quando mancheranno per comprare le opere».

Ma il Maxxi le piace o no? «No, perché non esprime la sua funzione. L'edificio mi pare brutto all'esterno e interessante all'interno: ma come lo è uno snodo stradale. Un elemento dinamico senza un movimento diventa statico. Insomma, la Hadid è una straordinaria disegnatrice molto sopravvalutata come architetto. E le opere d'arte contemporanea? Io credo non si saprà dove e come metterle...».

Se la polemica è il sale della cultura, il Maxxi avrà sapori forti. E gli artisti? Mimmo Paladino (uno dei principali protagonisti della Transavanguardia lanciata proprio da Bonito Oliva) non ha ancora visto il Maxxi («Sono al lavoro nel mio studio») ma sbotta: «Il paragone con Bernini è esagerato. Comunque non amo questa architettura gigantesca, non se ne può più di certi specchietti per le allodole. Sarebbe tempo che l'architettura se ne stesse un po' tranquilla». Parola d'artista... (Paolo Conti per il Corriere della sera)

lunedì 16 novembre 2009

renzo piano


Nevica, fa veramente freddo. Renzo Piano indica il Sanders Theater, dove nel pomeriggio terrà la “Nancy Stephenson Nichols Memorial Lecture” (da Abitare 497, “Being Renzo Piano”). Un numero speciale di Abitare: sei mesi insieme a Renzo Piano accompagnandolo nei suoi viaggi e verso le sue architetture. A cura di Anna Foppiano, Giovanna Silva (fotografia), Mario Piazza (art direction).

giovedì 12 novembre 2009

republic bike









Republic bike è una bicicletta disponibile solo via web.
E' totalmente personalizzabile nei colri e nelle finiture ed è una vera e propria bici da città.

lego tower



Gli architetti danesi Bjarke Ingels Group (BIG) costruiscono un modello per il progetto LEGO Towers per un'esposizione a New York.
Il modello in scala 1:50 utilizza 250.000 mattoncini lego e viene costruito in cinque settimane.

Il sito degli architetti è www.big.dk
Su youtube un divertente filmato della realizzazione http://www.youtube.com/watch?v=CkNfC95wASo

martedì 10 novembre 2009

XII biennale di architettura






Il
Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia, presieduto da Paolo Baratta, nella riunione odierna ha nominato Kazuyo Sejima Direttore del Settore Architettura, con lo specifico compito di curare la 12. Mostra Internazionale d’Architettura che si terrà a Venezia, ai Giardini e all’Arsenale, dal 29 agosto al 21 novembre 2010. Kazuyo Sejima è la prima donna a dirigere il Settore Architettura della Biennale.
In relazione alle sue idee per la Biennale, Kazuyo Sejima ha dichiarato:
“La Biennale deve essere tutto e ogni cosa, fondamentalmente inclusiva, in dialogo costante sia con chi la fa, sia con chi la guarda.
Gli edifici, l'atmosfera che essi creano e il modo in cui vengono concepiti, possono costituire il punto centrale di partenza della prossima Mostra Internazionale di Architettura.
In generale, il processo della progettazione può divenire punto focale del dibattito architettonico contemporaneo e futuro. Vale a dire, possiamo selezionare e presentare opere in maniera tale che esse vengano comprese così come sono, piuttosto che come rappresentazioni. Tutto ciò può essere espresso attraverso un'architettura radicata nel suo utilizzo collettivo.
Siamo ormai in pieno XXI secolo. Possiamo cogliere questa opportunità per fare un passo indietro e valutare lo spirito del tempo attuale attraverso il processo della Mostra Internazionale di Architettura. Ciò può chiarire l’essenza contemporanea dell’architettura e l’importanza di nuove relazioni nel momento in cui entriamo nel futuro.
Un significativo punto di partenza potrebbe essere il concetto di confine e l’adattamento dello spazio. Questo potrebbe includere sia l'eliminazione dei confini, sia la loro evidenziazione. Qualsiasi componente della molteplicità di adiacenze proprie dell'architettura, può diventare un argomento. Si potrebbe sostenere che l'architettura contemporanea è un ripensamento e forse un alleggerimento dei confini stessi.
Interno ed esterno
Privato e pubblico
Programma e forma (forma e funzione)
Fisico e virtuale
Contemporaneo e classico
Passato e futuro
Armonia e discordanza
Struttura e componenti
Arte e architettura
Natura e uomo
Forse l'ossimoro può rappresentare un nuovo paradigma produttivo; possono tali binomi (intersezioni di pubblico/privato, globale/locale, artificiale/naturale, monumentale/mondano, complesso/semplice, simbolico/pragmatico, falso/autentico, attivo/passivo, spesso/sottile) portare a una dualità in grado di sfumare questi confini? Come può l’inaspettata
interdipendenza di spazi straordinari creare un dialogo collettivo/simbiotico tra elementi prossimi?
Allo stesso modo, c'è un altro filo conduttore di interesse: l’uomo dentro l’architettura, le relazioni tra persone in contesti pubblici e privati, sia in qualità di creatori, sia come utenti. Questo è un problema di esistenza individuale in interazione con la comunità. Più semplicemente 'le persone si incontrano dentro l’architettura'.
Nella sua totalità la Mostra Internazionale di Architettura può costituire un forum nuovo e attivo per le idee contemporanee, e insieme un’occasione di lettura attenta degli edifici stessi”.

La caduta del muro


Il 23 agosto 1989, l’Ungheria rimosse le sue restrizioni al confine con l’Austria e nel settembre 1989 più di 13.000 tedeschi dell’Est scapparono attraverso l’Ungheria. Le dimostrazioni di massa contro il governo della Germania Est iniziarono nell’autunno del 1989. Il leader della DDR Erich Honecker si dimise il 18 ottobre e venne sostituito pochi giorni dopo da Egon Krenz. Honecker aveva predetto nel gennaio dello stesso anno che l’esistenza del muro sarebbe stata assicurata per più di cento anni. Si sbagliò di 99 anni.

Il nuovo governo di Krenz decise di approvare ai cittadini dell’Est permessi per viaggiare nella Germania dell’Ovest. Gunter Schabowski, il ministro della Propaganda della DDR, ebbe il compito di dare la notizia; però egli si trovava in vacanza prima che venisse presa questa decisione e non venne a conoscenza dei dettagli.

Il 9 novembre 1989, durante una conferenza stampa convocata per le 18, gli fu recapitata la notizia che tutti i berlinesi dell’Est avrebbero potuto attraversare il confine con un appropriato permesso, ma non gli furono date informazioni su come trasmettere la notizia. Dato che il provvedimento era stato preso poche ore prima della conferenza, esso avrebbe dovuto entrare in vigore nei giorni successivi, dando così il tempo di dare la notizia alle guardie di confine. Alle 18,53 il corrispondente Ansa da Berlino Est, Riccardo Ehrman, chiese da quando le nuove misure sarebbero entrate in vigore. Schabowski cercò inutilmente una risposta nella velina del Politburo, ma non avendo un’idea precisa, azzardò: “Per quanto ne so, immediatamente”.

«Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. (…) Se sono stato informato correttamente quest’ordine diventa efficace immediatamente. »
(9 novembre 1989, Günter Schabowsky, Membro del Politburo del Partito Comunista e Ministro della Propaganda della DDR)

Berlinesi danzano sul muro innanzi la Porta di Brandeburgo.
Decine di migliaia di berlinesi dell’Est avendo visto l’annuncio di Schabowski in diretta alla televisione, si precipitarono, inondando i checkpoints e chiedendo di entrare in Berlino Ovest. Le sorprese e sopraffatte guardie di confine iniziarono a tempestare di telefonate i loro superiori, ma era ormai chiaro che non era più possibile rimandare indietro tale enorme folla vista la mancanza di equipaggiamenti atti a sedare un movimento di tali proporzioni.

Furono allora costrette ad aprire i checkpoints e, visto il gran numero di berlinesi, nessun controllo sull’identità fu eseguito. Gli estasiati berlinesi dell’Est furono accolti in maniera festosa dai loro fratelli dell’Ovest, spontaneamente i bar vicini al muro iniziarono a offrire birra gratis per tutti. Il 9 novembre è quindi considerata la data della caduta del Muro festeggiata con il mega concerto dei Pink Floyd di The Wall dal vivo.



La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
(FDG)

domenica 8 novembre 2009

on the road



Perché per me l'unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Oooohhh!

da On the road di Jean-Louis Lebris de Kerouac

foto di Andrea Garzotto www.andreagarzotto.com