martedì 17 novembre 2009

maxxi



Nicolai Ouroussoff della Architecture Review del New York Times cita Gian Lorenzo Bernini e prima ancora papa Urbano VIII che, scommette, rimarrebbe estasiato di fronte al Maxxi, il nuovo museo di arte contemporanea... Uno dei principali patrocinatori culturali nella storia di Roma sapeva che le grandi città non possono restare immobilizzate nel tempo». Per questo, scrive, lasciò tutto lo spazio al grande Bernini al punto da far fondere i bronzi del Pantheon per realizzare il baldacchino di San Pietro.

Però: il Maxxi come un capolavoro barocco e Zaha Hadid come Bernini. Il neonato Museo nazionale delle arti del XXI secolo (150 milioni di euro di costo, aprirà a primavera con tre mostre su Gino de Dominicis, Luigi Moretti e Studio azzurro) non è ancora aperto ma già stupisce e scatena passioni polemiche. Roma, dopo il ventennio fascista e la ventata razionalista, è poco abituata all'architettura contemporanea.

L'Auditorium di Renzo Piano e la discussa teca per l'Ara Pacis di Richard Meier fanno eccezione. La Nuvola di Massimiliano Fuksas è in costruzione all'Eur. Ma ora la novità è il megacontenitore di Zaha Hadid, nel cuore del quartiere Flaminio. La parola a chi lo ha già visto e analizzato. Achille Bonito Oliva curerà la mostra su de Dominicis: «È una scultura architettonica, una grande forma percorribile e tridimensionale caratterizzata dal temperamento di Zaha che tende ad assicurare autonomia al suo intervento. La funzionalità dello spazio? Si raggiungerà confrontandosi direttamente con i contenuti».

E qui siamo al vero punto critico. C'è chi sostiene che l'indiscutibile imponenza del Maxxi sia «in sé» un'opera che potrebbe soffocare il contenuto, cioè quell'arte contemporanea che in Italia attendeva da anni il suo museo nazionale. Bonito Oliva: «Prima, col movimento moderno, il contenitore rispondeva alla funzione. Ora col postmoderno occorre una conciliazione tra le diverse istanze...».

Concorda Franco Purini, ordinario di Progettazione architettonica alla facoltà di Architettura «Valle Giulia» de La Sapienza: «La mia opinione è ampiamente positiva. All'inizio avevo qualche perplessità per il carattere effimero di un'architettura immaginata come 'opera fluida'. Invece, col cantiere e la conduzione del progetto, ha acquistato solidità e miracolosamente si è ambientata nel contesto. Il paragone col barocco non è così campato in aria. Da cittadino romano sono soddisfatto ». Ma inevitabilmente non tutti sono sulla lunghezza d'onda di Bonito Oliva, Purini e del critico del New York Times .

L'architetto Firouz Galdo (suo il restauro della sede romana della galleria di arte contemporanea Gagosian, in pieno centro, un piccolo contenitore ma più che neutro) divide il giudizio: «Sull'oggetto architettonico in sé nulla da dire, tanto di cappello. Detesto chi polemizza sui grandi oggetti architettonici contemporanei, fanno bene all'architettura e al dibattito. Ma sul Maxxi mi chiedo: gli artisti che esporranno avranno sufficiente libertà, in un contenitore così 'protagonista'? Lì l'opera c'è già, è il museo... forse, in questo caso, un piccolo passo indietro da parte dell'autore rispetto alle necessità della funzione, non ci sarebbe stato male».

Chiedere un giudizio a un architetto su un altro architetto, indubbiamente, è come sollecitare il parere di un cuoco sulla pietanza di un collega. Ma stavolta Paolo Portoghesi, architetto e urbanista, non delude: «Come sempre l'Italia è in ritardo. Già ai tempi del Guggenheim di Bilbao di Frank Gehry si capì che è sbagliato investire tutti i soldi sull'oggetto architettonico quando mancheranno per comprare le opere».

Ma il Maxxi le piace o no? «No, perché non esprime la sua funzione. L'edificio mi pare brutto all'esterno e interessante all'interno: ma come lo è uno snodo stradale. Un elemento dinamico senza un movimento diventa statico. Insomma, la Hadid è una straordinaria disegnatrice molto sopravvalutata come architetto. E le opere d'arte contemporanea? Io credo non si saprà dove e come metterle...».

Se la polemica è il sale della cultura, il Maxxi avrà sapori forti. E gli artisti? Mimmo Paladino (uno dei principali protagonisti della Transavanguardia lanciata proprio da Bonito Oliva) non ha ancora visto il Maxxi («Sono al lavoro nel mio studio») ma sbotta: «Il paragone con Bernini è esagerato. Comunque non amo questa architettura gigantesca, non se ne può più di certi specchietti per le allodole. Sarebbe tempo che l'architettura se ne stesse un po' tranquilla». Parola d'artista... (Paolo Conti per il Corriere della sera)

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